La teoria dei grafi e Christopher Alexander

La mia tesi nasce da un periodo di studio all’estero presso la Strathclyde University di Glasgow dove ho trovato ispirazione per il mio lavoro, occupandomi dello studio di reti urbane e avvicinandomi ad un interpretazione della vita e, dei sistemi viventi in generale, che ha implicazioni profonde per la scienza e la filosofia, ma anche per le attività economiche, politiche e l’architettura.

Una visione sistemica del mondo, olistica ed ecologica, considera il pianeta non più come una serie di parti separate ma un insieme integrato. Questa osservazione del mondo ridefinisce il tutto come una rete di fenomeni interconnessi e che unisce gli esseri umani all’ambiente naturale. Questa visione, in particolare nella mia tesi, riguarda la progettazione architettonica e le reti urbane.

Il pensiero sistemico trae le sue origini dalla filosofia greca, da Aristotele e dai primi pitagorici, e queste riflessioni, furono poi riprese nei primi anni del ‘900 da alcuni studiosi che iniziarono ad elaborare alcune teorie sulla dicotomia struttura-sistema degli esseri viventi.

La parola “sistema” ha assunto il significato di un “tutto integrato”, le cui proprietà essenziali derivano dalle relazioni tra le parti. La tensione fondamentale è quella appunto tra le parti e il tutto. Il risalto dato alle diverse porzioni è stato chiamato “meccanicistico” o “riduzionistico”; mentre il risalto dato al tutto, “olistico” o “ecologico”. La nuova scienza dell’ecologia arricchì le nascenti concezioni sistemiche con l’introduzioni del concetto di rete.

Il concetto di rete viene quindi ad assumere un’importanza sempre maggiore e i sistemici cominciarono ad applicare modelli di reti a tutti i sistemi. Possiamo pertanto rappresentare un ecosistema come una rete con pochi nodi e ogni nodo, quando viene ingrandito, appare esso stesso come una rete.

In altre parole, la trama della vita è fatta di reti all’interno di reti.

L’idea dei sistemi viventi come reti le cui parti sono interconnesse si è evoluta recentemente attraverso la disponibilità di nuovi strumenti matematici che hanno permesso di definire le proprietà di connessione caratteristiche delle reti. I concetti e le tecniche utilizzate per affrontare problemi di questo tipo rientrano nella matematica della complessità che si occupa di relazioni e configurazioni. Attraverso i nuovi strumenti di calcolo i matematici hanno scoperto nuovi schemi qualitativi nel comportamento di quei sistemi complessi.

La teoria delle reti è la prima teoria che consente agli scienziati di occuparsi di questi fenomeni non lineari in tutta la loro complessità.

Un grafo viene raffigurato su di un piano attraverso nodi connessi da archi. Ci possiamo interessare ad una rete di connessioni sia dal punto di vista dell’aspetto fisico della distribuzione dei nodi e degli archi sia da un punto di vista logico legato alla sua topologia. In particolare, un grafo composto da n vertici e m link si scriverà G(n;m).

Grandezze basilari:

_L’ordine di un grafo è il numero dei suoi n vertici.

_La larghezza il numero dei suoi m link.

_Il grado di un vertice il numero di link del vertice stesso.

_La distanza fra due vertici è il numero minimo di link necessari per arrivare da i a j:

_Il diametro di un grafo è definito come il cammino più lungo che si può trovare fra due punti.

L’analisi dei network è stata utilizzata largamente negli studi urbani e territoriali. Dai primi anni 80 si incominciò a proporre un’applicazione coerente della network analysis alla città, ai quartieri, alle strade. In questo caso, la rappresentazione e lo studio della città avviene attraverso un grafo duale o indiretto, nel quale le strade sono tradotte in nodi e le intersezioni in archi del grafo.

Un altro tipo di rappresentazione è quella di un network di spazi in cui i nodi rappresentano gli incroci e gli archi le strade; in forza della coerenza tra le dimensioni delle entità geografiche e del grafo, questo tipo di rappresentazione è qui definita ‘diretta’, o primale.

Questa rappresentazione viene per l’appunto utilizzata dalla Urban Design Studies Unit of The University of Strathclyde di Glasgow come base per l’applicazione di diversi indici di centralità.

L’idea di centralità nasce negli anni 70 dalla sociologia strutturale che defini’ un insieme di indici, da allora considerati classici nella letteratura scientifica: centralità di grado (‘degree’, CD), vicinanza (‘closeness’, CC) e medietà (‘betweenness’ CB).

Per la mia tesi, ho quindi realizzato una mappa della fascia sud di Roma per osservare in particolare l’area di studio di Valco San Paolo. Le strade vengono rappresentate come archi e gli incroci come nodi ed il tutto forma una rete che verrà utilizzata per l’applicazione degli indici di centralità: in pratica si tratta di produrre mappe colorate che visualizzano, nella scala dei rossi, i luoghi e la strade più centrali, e in quella dei blu, quelli più marginali, utilizzando varie misure di centralità. Questa operazione trova rilevanza sia a livello della Programmazione territoriale e urbanistica, consentendo di individuare e indirizzare con maggiore precisione politiche di riqualificazione architettonica e di incremento del trasporto pubblico sia a livello della Progettazione urbana, dove permette di avere una valutazione comparativa di diverse proposte progettuali.

La centralità di betweenness CB esprime l’idea che le interazioni tra due nodi non adiacenti siano dipendenti dai nodi intermedi, i quali, possono giocare un ruolo strategico di controllo o influenza su di essi. CB interpreta inoltre un essere centrale come “essere tra gli altri”, considerando che la comunicazione fra i vari nodi avvenga solo lungo i percorsi minimi.

In un sistema urbano, infatti, questo valore è correlato con la localizzazione dei negozi e dei servizi. Negli assi evidenziati si dovrebbero concentrare le azioni di traffic calming o i progetti di interazione sociale per sostenere la vitalità delle reti di piccolo commercio e dei servizi.

La centralità di Closeness CC è basata sulla nozione di percorso minimo, cioè, in un grafo, la somma minima delle lunghezze degli archi attraverso tutti i possibili percorsi. La centralità di Closeness esprime il concetto di essere centrale come essere vicino agli altri ed è più vicina a una misura di accessibilità, individuando i sistemi spaziali più compatti ed interconnessi e quelli nei quali le opportunità a scala territoriale sono più a portata di mano.

CCl propone l’emersione delle aree centrali a scala di quartiere che si trasformano in una geografia delle aree centrali alla scala della città. Al variare della distanza d, la Closeness individua i sistemi spaziali più compatti ed interconnessi.

L’analisi delle reti può essere usata anche come strumento per la formulazione di strategie utili nella città contemporanea. Sull’area di studio scelta è stata eseguita un’analisi secondo i concetti di pieno-vuoto e link.

Nella prima parte, viene eseguito uno studio sulle potenzialità della forma della città periferica e un analisi delle funzioni dei vari frammenti urbani per capire il loro grado di appartenenza alla geografia della rete.

Nel seconda parte, l’analisi si sposta sulle connessioni della città, sulla rete infrastrutturale e la rete ecologica, in modo tale da ridare qualità all’area attraverso una lettura di tutti i livelli della scala locale.

Il concetto di rete si sposta poi sul piano del pensiero architettonico e a questo punto vorrei introdurre la figura di Christopher Alexander, che propone una visione alternativa e originale della pratica architettonica.  Il pensiero e la metodologia da lui utilizzati assumono la forma di una rete e vengono interpretati e riproposti in tre passaggi: W V e U. Tre step che forniscono una metodologia progettuale e dovrebbero essere alla base della pratica del fare architettura.

La costruzione architettonica deriva, infatti, dalla percezione della wholeness (totalità) del luogo, dalla prefigurazione dello stato futuro e da una costruzione per fasi incrementali per la realizzazione di una costruzione ecologica che rispetti la natura e i suoi abitanti.

In ogni luogo esiste una wholeness profonda, una struttura più vasta del tutto. Quando si interviene su un’area, dobbiamo individuarne e rispettarne la struttura originaria che è composta da tutti gli elementi naturali e costruiti. A questo fine viene disegnata una mappa della wholeness che riporta due classi di elementi: gli elementi di tipo estensivo, che vengono divisi in centri vitali,  centri latenti e aree danneggiate, ed elementi puntuali, che vengono collocati sulla mappa come ad esempio un albero, un muro, un edificio importante o le viste e i percorsi presenti.

La mappa della wholeness è importante per la cosiddetta visioning, ossia un racconto fatto dagli abitanti su come immagino e desiderano il loro quartiere.

Per il progetto di tesi ho preso in considerazione i desiderata degli abitanti ed il contratto di quartiere. Gli elementi prefigurati devono essere congruenti, rispettare la wholeness e devono essere formalizzati come un’idea mentale modificabile, una descrizione verbale. Ciò che si deduce non è un progetto ma un’attività e un luogo sotto forma d’immagini non contestualizzate.

La procedura di unfolding consiste poi nel progettare e realizzare in modo incrementale i diversi centri identificati nella visioning. A questo scopo occorre progettare i centri uno alla volta e localizzarli in una mappa. Occorre pensare allo sviluppo di un quartiere dove la geometria degli spazi e le attività cui sono destinati evolvono incrementalmente ma come un tutto unico in modo tale che ogni cosa conservi sempre un rapporto armonico con il resto.

Da questa analisi viene proposto infine un modello di strutturazione del quartiere con densità non eccessiva, connessa con il resto della città e con una complessità e varietà della attività presenti in un contesto formalmente non urbano e a contatto diretto con grandi vuoti naturali.

In particolare viene poi approfondito il progetto di un centro civico nella parte bassa del lungo Tevere Dante e la sistemazione del Parco Tevere Sud.

Da tale analisi, anche attraverso la metodologia di Alexander, emerge come la nostra cultura architettonica necessita di una ricostruzione che abbia come obiettivo primario quello di rispettare le leggi della natura, attraverso un processo di dispiegamento, organizzazione e crescita uguale a quello dei sistemi viventi, dove la metodologia sequenziale e olistica dona all’edificio e al suo ambiente una maggiore coerenza per un inserimento armonico nel contesto all’interno dei fili delle reti della città.