Megalophoni. Istanbul, il suono della megalopoli che cambia

Da San Paolo a Mumbai, da Shangai a Tokyo la popolazione mondiale si sta spostando in massa verso gli agglomerati urbani.
E’ un fenomeno che non ha precedenti, tanto che nel 2007, per la prima volta nella storia dell’umanità, più del 50% della popolazione del pianeta si è trasferito in aree urbane.

Tutto ciò pone l’uomo contemporaneo di fronte ad una sfida.
Come sarà un mondo caratterizzato da agglomerati urbani sempre più grandi?

Come sarà gestire la megalopoli del futuro?
Gestire le code infinite del traffico, lo smaltimento dei rifiuti, la moltitudine che si sposta per andare al lavoro, il formicaio dei negozi, i nodi di interscambio, le manifestazioni, le problematiche economico-sociali, le risorse naturali, la domanda abitativa, l’impatto ambientale?
Per cui megalopoli si intende un agglomerato urbano, superiore a dieci milioni di abitanti, che si espande tanto da inglobare altre aree urbane: l’esempio di megalopoli più vicina a noi è Istanbul.

Chi viene ad Istanbul se ne accorge subito.

I suoni.
Istanbul è una città unica in molte cose; una di queste è la sua sonorità.

I richiami dei venditori ambulanti, le urla dei robivecchi, le moschee, i caffè, i traghetti sul Bosforo, i lustrascarpe, i pescatori, i mercati, il traffico, il mare.
Un universo di suoni, rumori, richiami che in una megalopoli di quindici milioni di abitanti non fa che espandersi, crescere oltre i confini della città stessa.

E’ per questo che, ascoltandola ad occhi chiusi, viene da chiedersi se sia possibile “misurare” il suono di una “mega-città” che cambia.

E’ possibile quindi affrontare una sfida nella sfida?
La sfida del suono dentro la sfida della megalopoli?

“Si può misurare la crescita di una megalopoli attraverso il suono?”

Con questa domanda ho iniziato la mia ricerca ad Istanbul.

La prima fase è stata la registrazione di vari “itinerari” che rappresentassero tutte le diverse caratteristiche sonore delle aree: i quartieri popolari, il centro, i distretti finanziari e commerciali.
Registrando, catalogando, mappando i suoni si rimane davvero sconcertati dalla varietà e dalla molteplicità che la megalopoli euro-asiatica può offrire.

Progredendo nell’analisi è stato evidente che ci fossero alcuni suoni ricorrenti (cantieri, traffico, proteste legate alla situazione abitativa, sovraffollamento degli spazi).
Queste sonorità erano da tenere in considerazione e da connettere ciascuna ad una tematica ben precisa dell’area urbana per capire a fondo le problematiche.

La fase successiva è stata quella di analisi delle frequenze.
Ovvero analizzare tutte le tracce audio partendo dai valori delle “oscillazioni” del suono in una unità di tempo.

La frequenza nei suoni è talmente importante che fa si che un suono sia percepito dal nostro orecchio in un certo modo, gradevole o fastidioso.

Nessuno direbbe che il gocciolare ritmico del rubinetto sia un suono piacevole, tantomeno il rombo di una tempesta su di un lungomare; eppure stiamo parlando dello stesso elemento: l’acqua.
Quello che cambia però è la frequenza sonora che essa produce.
Il rubinetto è troppo regolare (simile a un suono meccanico), quello della tempesta troppo irregolare (simile a un frastuono).
Se invece prendessimo un suono “instabile”, come le onde sulla riva di una spiaggia, avremmo una percezione diversa e probabilmente positiva.

J. Rousseau teorizzava che se la frequenza di un suono è simile alla frequenza della voce umana parlante è percepita come gradevole dall’orecchio (quindi una “frequenza umana”) viceversa se essa è troppo regolare o irregolare ‘disturba’.

A partire da questa teoria, ho analizzato le frequenze di più di duecento suoni di Istanbul.

L’ultima fase è stata quella di attribuire alle frequenze un valore più o meno alto e di graficizzarlo proprio nell’area in cui l’avevo preso in base alla teoria di J.Rousseau sulle frequenze.

Il risultato finale è stato una vera e propria mappa di suoni.
Le zone con “frequenza critica”, cioè dove le frequenze erano meno gradevoli, erano quelle riconducibili proprio a quei suoni ricorrenti nelle registrazioni.

Tali suoni si trovavano lungo gli assi e nelle aree di crescita della megalopoli.
Guardando la mappa era evidente come le frequenze più critiche fossero in alcune delle zone con una forte spinta all’espansione e come al contrario aree “stabili” fossero caratterizzate da frequenze più “umane”.

Vale a dire che c’era una relazione stretta tra le frequenze e le problematiche legate all’espansione incontrollata della città.

La mappatura sonora forniva quindi, come ultimo risultato la possibilità di vedere graficamente le zone di espansione e nello stesso tempo di legare la loro intensità di frequenza ai problemi della città stessa.

La proposta finale è stata quella di usare questo strumento per sensibilizzare, incuriosendo e stimolando, la popolazione e gli attori principali della magalopoli stessa al fine di riflettere e proporre insieme alternative migliori per la gestione e lo sviluppo della “megacittà”.

Fare ciò sarebbe il primo passo per una riflessione seria sul futuro della megalopoli dı domani.

Ascolta la mappatura sonora.


Articolo a cura di Daniele Volante, laureato in Progettazione Urbana a Roma, attualmente lavora presso uno studio a Istanbul.

Immagini via Eleonora Taramanni